giovedì 26 marzo 2009

Processo per schiavitù nel foggiano: condanne confermate in appello

Bari, 26 mar. - (Adnkronos) - Sono state confermate dalla terza sezione della Corte di Appello di Bari, presidente Tarantino, giudice a latere e relatrice La Malfa, 16 persone (una diciassettesima nel frattempo e' deceduta) accusate di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani e alla riduzione in schiavitu' di centinai di braccianti stranieri, soprattutto polacchi, impiegati in provincia di Foggia, in particolare nel Tavoliere delle Puglie. Il 22 febbraio del 2008 il gup del Tribunale di Bari Antonio Lovecchio, al termine del processo di primo grado celebrato con rito abbreviato, condanno' 5 persone, 3 polacchi, 1 ucraino e 1 algerino, a 10 anni di reclusione ciascuno. Si tratta dei principali esponenti dell'organizzazione, alcuni dei quali sono rinchiusi in carcere. Gli altri 12 imputati furono condannati a pene piu' lievi, a partire da 4 anni in su. Alcuni di questi si trovano agli arresti domiciliari, qualcuno e' libero. Uno in particolare si trova in Polonia. Al processo si sono costituiti parte civile due vittime polacche il cui legale ha chiesto un risarcimento simbolico di un euro e la Cgil della Puglia. L'operazione del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Bari, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo pugliese, risalente al luglio del 2006, fu denominata significativamente 'Terra Promessa'. Furono eseguiti 16 arresti, tra i quali c'erano 15 cittadini polacchi e un italiano. Gia' l'estate precedente i carabinieri di Foggia fecero irruzione in un accampamento, denominato 'Paradise' dove furono scoperti un centinaio di braccianti tenuti in stato di schiavitu'. La sentenza di primo grado, confermata oggi dalla Corte d'Appello, ha riconosciuto per la prima volta in Italia e forse in Europa il reato di induzione in schiavitu' per motivi di lavoro. Le indagini accertarono lo sfruttamento della manodopera costretta a compensi da fame: dalle 10 alle 15 ore di lavoro con una paga di 2 euro all'ora. Dall'inchiesta emerse che i casolari diroccati dove gli immigrati erano costretti a vivere erano controllati di notte, armi in pugno, dagli uomini dell'organizzazione fedeli ai 'caporali' per evitare fughe e ribellioni. E poi si verificavano maltrattamenti, punizioni, scarsa alimentazione e pessima igiene. Nell'inchiesta entrarono anche alcune morti e suicidi sospetti e decine di casi di immigrati polacchi, operai stagionali, scomparsi letteralmente nel nulla. "La richiesta risarcitoria di un euro presentata in questo processo e' stata simbolica perche' i soldi di questi schiavisti ci fanno schifo: non li volevamo, non li vogliamo e li vorremo mai". Lo dichiara all'ADNKRONOS l'avvocato Pio Tommaso Caputo, legale di parte civile di due vittime, un autista e uno studente polacco, dell'associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani e alla riduzione in schiavitu', i cui componenti sono stati condannati oggi dalla terza Sezione della Corte di Appello di Bari che ha confermato le sentenze da un minimo di quattro a un massimo di dieci anni emesse a febbraio del 2008 dal gup del Tribunale del capoluogo pugliese Antonio Lo Vecchio. "Credo che sia il primo processo in Italia, forse anche in Europa -ha spiegato l'avvocato Caputo- per questo tipo di reato di riduzione in schiavitu' per motivi di lavoro. Altri processi li abbiamo fatti per motivi diversi, ad esempio per riduzione in schiavitu' a fini sessuali o per accattonaggio. Sono convinto che questa accusa -ha proseguito- reggera' anche in Cassazione perche' e' basata su una montagna di prove. E' un processo -ha concluso l'avvocato Caputo- che, come parte civile e come cittadino pugliese, mi ha amareggiato solo per un aspetto: che queste cose siano potute accadere nella terra di Peppino Di Vittorio". ''Il delitto di riduzione in schiavitu' e' nuovo in Italia ed e' difficile da interpretare e da leggere''. Lo dice all'ADNKRONOS l'avvocato Giovanni Quarticelli, legale di uno degli imputati condannati oggi dalla Corte d'Appello di Bari, terza sezione, perche' accusati di far parte di un'associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitu'. L'assistito dell'avvocato Quarticelli, un cittadino polacco, e' stato condannato a 4 anni e mezzo di reclusione e attualmente si trova libero in Polonia. Il legale ha riferito che, dopo la lettura delle motivazioni, ricorrera' in Cassazione contro la sentenza. ''Credo -ha aggiunto- che da parte della Corte di Appello, cosi' come da parte del gup, sia venuta una delle prime sentenze che riconoscono la riduzione in schiavitu' in Italia. Per questo la sentenza e' importante e fa clamore. Poi vedremo le motivazioni'', ha concluso.
fonte: adnkronos.com/IGN

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